È il 10 aprile 2017. Una mattina bella, soleggiata e anonima. Un Lunedì mattina per la precisione.

È in questo clima che due loschi figuri col nome del
sottoscritto e di Ludovico Miragoli si apprestano a “tenere” un corso di
fumetto ad alcune classi del Liceo delle Scienze Umane “Sofonisba Anguissola" di Cremona.
Ma come
si può intrattenere un pubblico di ragazzi che delle lezioni sono nati con le
palle piene e del fumetto non sanno o pensano di sapere granchè?
Difficile entrare in una classe di una ventina di alunni,
per la stragrande maggioranza ragazze, e sapere veramente a cosa andrai
incontro…Magari ti capita il buffone di turno, che risponde sornione ad ogni
tentativo di comunicazione fra le due parti, o magari il sapientone, che pensa di sapere o ne sa più di te e battendosi per
farlo vedere a tutto il creato ti indispone risvegliando quella vena di
misantropia che silenziosa riposa dentro di te… o ancora, nel peggiore dei
casi, la classe non viene coinvolta, non riesce a ricevere il tuo messaggio e l’interazione,
che da sperata e fallita diventa totalmente inesistente, trasforma le due ore
successive in un inferno di imbarazzo e sudore ascellare.
Tutti pensieri, questi, che frullano nella mente di una
persona che come me si è approcciata già in altre circostanze a lezioni di
fumetto (precisiamo, o erano bambini delle elementari, delle medie o amici e
conoscenti) ma non ha mai cementificato l’attitudine all’insegnamento in
maniera abbastanza professionale.
Le rappresentanti d'istituto ci scortano alla classe designata come i secondini del "Miglio Verde" scortano John Coffey ed ora ci
osservano da fuori la porta…
La professoressa ci saluta, ripulisce la cattedra dal
suo materiale e ci dà carta bianca. Nessuna introduzione, nessun intermediario.
Ore 9.15, è iniziata!
Non mi soffermerò troppo a lungo su ogni dettaglio dei brevi corsi alle due
classi, entrambe terze, del liceo ma come ben sperato, lentamente e con il linguaggio
giusto siamo riusciti (in particolare Ludovico, già addestrato nei corsi delle
scuole con il socio Motta Baluffiano Michele Nazarri) ad acquistare l'interesse generale delle più di venti ragazze e ragazzi, giustamente partiti un pò freddi e privi di aspettative.

Le domande spesso
sono il mezzo migliore per intrattenere una lezione. La partecipazione, la
richiesta di un quesito, semplice o difficile che sia, mette gli interlocutori
nella situazione di far valere il proprio pensiero e non solo di ricevere
nozioni a raffica. “Avete mai letto un fumetto?”, “Avete mai visto un cartone
animato e se si quali?”, domande semplici e banali ma che ci hanno aiutato ad
introdurre il tema del MANGA così che tutti/e potessero sentirsi coinvolti.
A questo punto non è necessario raccontare dell’istante di
panico in cui alla terza ora Ludovico è dovuto andar via e mi sono ritrovato a
far lezione da solo imparando a sciogliermi di più…o contare il numero di
parolacce usate per enfatizzare l’importanza di “Ken il guerriero” nella
cultura moderna. Esprimere l’emozione di vedere persone affascinate dai lavori
che tu per primo ritieni magari appena passabili o mediocri, descrivere il
momento di disegno collettivo in cui ogni allieva doveva disegnare la sua
controparte “Chibi”. Tutto questo è il sunto, ma non è quello che veramente mi
è rimasto. Sono emozioni si, ma non sono la prima cosa che mi viene in mente
quando penso a stamattina.
Quello che veramente mi è rimasto impresso sono state le domande
che hanno fatto alcuni ragazzi e ragazze:
“Siete bravissimi, mostruosi…ma
perché non siete famosi?”
“Ma voi ci campate con quello che vi piace fare?”
Domande alle quali abbiamo risposto con la massima onestà e quindi in maniera negativa ma
che nonostante la consapevolezza dei fatti non hanno potuto non farmi venire un po' di
amaro in bocca…
Mi sono sentito personalmente in discussione ( e giustamente)
All’alba dei 25 anni inizierò l’Accademia di Belle Arti,
proprio perché voglio diventare realmente “bravissimo e mostruoso”, migliorando
le competenze, ampliando le conoscenze, incntrando gente nuova e del settore…ma
soprattutto perché con quello che mi piace IO ci voglio campare. Che sia in
questo paese o in un altro, che sia domani o tra 5 anni…
E magari, dico magari,
un giorno entrare in un’altra classe e sentirmi domandare:
Nessun commento:
Posta un commento